
Mi ha colpito, così ho pensato di tradurvi qui il punto saliente.
Per quanto l'autore sia il siriano Al-Kawakibi, che scriveva queste cose a fine '800 avendo in mente la tirannide dell'impero ottomano, è facile capire come queste righe possano stare a cuore a una tunisina che ha vissuto tutta la sua vita sotto dittatura, e che per di più fa l'insegnante. Ora capirete perché.
<< Il dittatore si permette di
governare le persone secondo la sua volontà, non secondo la loro, e
le processa in base al suo capriccio, non alla loro legge; sa di
essere un usurpatore e un violatore, e preme i tacchi sulle bocche di
milioni di persone, bloccandone le parole di diritto e le continue
rivendicazioni.
Il dittatore è nemico del diritto,
nemico della libertà e assassino di entrambi; il diritto è il padre
dell'umanità e la libertà è la madre, le persone comuni sono i
bambini orfani che dormono ignari, e gli intellettuali sono
i loro fratelli maggiori: se li svegliano, quelli si scuotono; se li
invitano, quelli rispondono.
Il dittatore oltrepassa il limite
perché non vede ostacoli: se l'oppressore vedesse una spada al
fianco dell'oppresso quando si accinge a compiere l'ingiustizia, ci rinuncerebbe - come si suol dire, "bisogna essere
pronti alla guerra per impedirne lo scoppio".

Dice il poeta:
Se continua così e non avviene un cambiamento
non si piangono i morti e non si festeggiano le nascite.>>
Da Abd al-Rahman al-Kawakibi, Caratteristiche della tirannide e fine della schiavitù (طبائع الاستبداد ومصارع الاستعباد), 1902.
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