giovedì 21 febbraio 2013

"Bella ciao", mi imbarco per Lampedusa

Mentre va avanti questo micidiale teatrino politico tunisino - governo tecnico sì (ci copiano?!), governo tecnico no, dimissioni sì, dimissioni no, ora il capo del governo si è dimesso "però se me rivolete ritorno"...no, ma facessero con comodo, sono passati più di 10 giorni e non c'è assolutamente alcuna urgenza, eh... - dicevo, mentre attendiamo gli esiti, vi parlo di qualcos'altro, giusto per stemperare la tensione. Ma neanche troppo...

 
C'è questo giovane cantautore tunisino che tempo fa ho visto anche in concerto.
Due accordi in croce ma molta verve. 
Ha suonato in giro per il Maghreb, in Francia, in Canada, negli Stati Uniti; in compenso, fino a due anni fa, in patria era pluricensurato dalle autorità, che annullavano i suoi concerti.
A vederlo, col suo cappello sempre calato a fargli ombra sul viso, il suo fare in apparenza timido, i suoi concerti di sola voce e chitarra, non lo diresti un pericoloso sovversivo: e invece sta tutto nei suoi testi satirici e non banali.
 
Il suo vero nome è Bayram Kilani, ma il suo nome d'arte viene dal bendir, uno strumento a percussione tradizionale del Nord Africa che lui definisce "il simbolo del lecchinaggio": è così che sceglie di impersonare un supereroe-antieroe asservito al potere, e sulla falsa riga di Batman, Spiderman, eccetera, dà vita al personaggio di Bendirman, "più veloce della tartaruga di La Fontaine, più intelligente dell'ispettore Gadget (...), dotato del potere di volare attivato dal consumo di un'erba magica della quale lui solo conosce il nome (marijuana), non cessa di battersi contro nemici ancor più chimerici di quelli di Don Quichotte..." (tratto da qui).

Non che adesso il nostro risparmi la nuova classe politica (soprattutto adesso che sembra non gli tappino la bocca come prima); qui, però, propongo tre sue canzoni scritte ai tempi di Ben Ali.
Ringrazio tantissimo Bilele de Roma e Selma de Tunis per la collaborazione alle traduzioni dei testi.
 
La prima canzone allude fin troppo chiaramente ai bizzarri risultati elettorali che si avevano in Tunisia sotto il regime. Sì, nelle elezioni-farsa il partito del presidente Ben Ali risultava davvero vincitore col 99%...



Bendirman - "99%"

Quanti anni sono che sto seduto su questa poltrona? yo, yo
Cos'é? tu cittadino ora vorresti partecipare? yo
Non ci sono morti di fame, né poveri, né disoccupati
non c'é gente in carcere, né malati negli ospedali
Non ci sono morti di fame, né poveri, né disoccupati
non c'é gente in carcere, né malati negli ospedali
Mangiate e bevete, ve la spassate tutto il tempo
vivete nel benessere, godete di ogni libertà

99% : democrazia a sazietà
99% : democrazia a sazietà

"Nel quadro della politica di distribuzione delle risorse al popolo
il governo di Bendirland ha esentato tutti i cittadini dalle tasse
e, conseguentemente a questa saggia politica,
Bendirman ha fatto dono di un'automobile Hammer ad ogni cittadino"
(come quella di chi sappiamo, insomma)

Voglio governarvi ancora di più
godete, godete della libertà
Sostituitemi, vi prego:
la poltrona mi si è affezionata e non mi lascia più!
Hey! Cinque, sette, dieci anni...l'eternità
votate per Bendirman, o nessun altro
Cinque, sette, dieci anni...l'eternità
votate per Bendirman, o nessun altro!
E se non mi votate, chi se ne importa, chi se ne importa
i vostri voti, le vostre grida, non mi interessano, non mi arrivano:
la mia urna, a me, non mi abbandona mai:
com'è?

Entra scheda blu, esce rossa
entra scheda gialla, esce rossa
entra scheda verde, esce rossa:
Gloria a Bendirman, che cambia i colori!
Gloria a Bendirman, che cambia i colori, Bendirman!

99% : democrazia a sazietà
99% : democrazia a sazietà

"Annunciati i risultati delle elezioni nel paese di Bendirland:
vince Bendirman col 107%
ma, conseguentemente alla sua saggia politica e al suo retto governo,
Bendirman ha abbassato questa percentuale al...

99% : democrazia a sazietà
99% : democrazia a sazietà".


Il secondo pezzo è un suo famoso tormentone, pieno zeppo di doppi sensi, dove la parola "système" indica sia l'impianto elettrico che il sistema politico, e i vari "toccare" e "infilare le dita" alludono a ovvie immagini sessuali.



Bendirman - "Système"

Non toccare il sistema
ché prendi la scossa
ahi ahi ahi, ahi ahi ahi
e se vuoi toccarlo
infilaci solo un dito medio.

Il sistema è tutto un problema
il sistema è guasto:
l'abbiamo stuzzicato con le dita,
ci hanno chiuso facebook.

Se hai un fusibile
mettitelo in mezzo alle gambe,
perché il sistema
ti f...ulmina.

Non toccare il sistema
ché prendi la scossa
ahi ahi ahi, ahi ahi ahi
e se vuoi toccarlo
infilaci solo un dito medio.

Ascoltate, ragazzi,
il consiglio di Bendirman:
non toccate il sistema
e vivrete sicuri.

Poi, se ti piace toccarlo,
fa niente, vivi da leccaculo
perché il sistema
ti fulmina a regola d'arte.

Non toccare il sistema
ché prendi la scossa
ahi ahi ahi, ahi ahi ahi
e se vuoi toccarlo
infilaci solo un dito medio.

Quando giochi col sistema
stai attento a toccarlo con la mano
trovi i suoi fili scoperti
e una manganellata che ti aspetta.

Uniamoci, facciamo una colletta,
è l'unica soluzione!
Tanti fili, tante prese:
facciamo un sistema nuovo!

Non toccare il sistema
ché prendi la scossa
ahi ahi ahi, ahi ahi ahi
e se vuoi toccarlo
infilaci solo un dito medio.


All'indomani della cacciata di Ben Ali, quando i pischelli tunisini erano pieni di belle speranze per il futuro (adesso la situazione è un po' diversa...), Bendirman, dal vivo, era solito modificare le parole in questo modo, tra gli applausi generali:

Abbiamo toccato il sistema
e non abbiamo preso la scossa...


Il terzo brano, infine, non può lasciarci indifferenti: si tratta, oltre che del cavallo di battaglia di questo artista nei live (!), di una cover della canzone della resistenza italiana per eccellenza.
Qui, come il partigiano italiano, anche il migrante tunisino saluta la sua bella, ma a lui non toccherà alcuna fossa sotto l'ombra di un bel fior, perché mentre il primo va a morire sui monti, il secondo va a morire per mare. Diretto proprio in Italia.
Il risultato di questa trovata mette i brividi.




Bendirman – "Habiba ciao"

Domani, quando ti sveglierai, non mi troverai
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
metti Rai Uno, forse mi vedrai
saltellare in terra italiana.

Tesoro, scusa, perdonami ti prego
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
quando ti farò ciao da Lampedusa
esulta e ringrazia Dio.

Tornerò col pacco e la Lamborghini
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
non chiuderò occhio se mi serberai rancore,
porterò a sposarti Bendirman.

Sia che vediamo quel paradiso coi nostri occhi
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
sia che affoghiamo e moriamo senza sepoltura,
la mia anima tornerà da te a nuoto.

Non avevo intenzione di schiodare
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
non fosse stato per l'oppressione e la vita bastarda:
mi hanno chiuso le porte in faccia!

Sono strozzato dall'insonnia
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao,
ritornerò o in una bara, o come sposo,
nel paese della polizia.







         "Lampedusa mon amour ou l'embarcation de la mort", scultura di Taoufik Behi.




sabato 9 febbraio 2013

Ieri a Tunisi





40.000 persone (secondo il ministero dell'interno) ai funerali di Chokri Belaid. 
Invece c'è chi parla di un milione e mezzo. Boh.


La vedova del politico ucciso, femminista, ha invitato le donne a partecipare in massa e a contravvenire alla regola dell'islam che vieterebbe alle donne la partecipazione alle cerimonie funebri!

Teppistelli hanno approfittato della situazione per sfogare della violenza, rubare, incendiare etc., sia presso il cimitero sia in centro città; un quotidiano nazionale afferma che siano ragazzetti pagati apposta per turbare la giornata dei funerali (boh!); la polizia ha lanciato lacrimogeni nel cimitero!

Manifestazioni in molte altre città della Tunisia.

Per lo stesso giorno, alcuni partiti più il sindacato hanno indetto uno sciopero generale: il paese si è completamente fermato.

In questo momento la situazione nelle strade si è calmata.
La vita quotidiana riprende nella sua normalità.
Resta da vedere come uscirà il paese da questa crisi politica!

mercoledì 6 febbraio 2013

Forse.

Il post precedente è stato da me scritto nei giorni scorsi, e si concludeva con un qualche genere di ottimismo: ottimismo che oggi sta registrando i suoi minimi storici, dissipato da una nube di lacrimogeni...
Questa mattina Chokri Belaid, un leader del Fronte Popolare (الجبهة الشعبية), insieme di partiti di opposizione di sinistra, è stato assassinato a colpi di pistola mentre usciva di casa. Ieri era apparso in tv e aveva mosso delle accuse al governo di Ennahdha, denunciando in particolare la presenza di milizie armate che compiono atti di violenza nei confronti delle forze di opposizione. Appunto.
Non è il primo omicidio politico, qualche mese fa membri di Ennahdha hanno ammazzato di botte un coordinatore locale del partito Nida' Tunes a Tataouine, nel profondo sud.
Abbiamo appreso la notizia stamattina in classe alle 9, ascoltando il notiziario alla radio con la prof., come facciamo ogni giorno. Un clima di incredulità e di gravità ha caratterizzato le ore successive; a un certo punto abbiamo sentito dall'aula voci di manifestanti che sfilavano in corteo.
All'uscita di scuola io e due amiche, sconvolte, ci dirigiamo verso il centro per vedere la manifestazione, e troviamo un grandissimo sit-in davanti al ministero dell'interno. Un senso di déjà vu pazzesco. Tra gli slogan che ho sentito: "Il popolo vuole abbattere il regime" (الشعب يريد إسقاط النظام), "Pane e acqua, no a Ennahdha" (خبز و ما و نهضة لا), "Ministero dell'Interno, ministero terrorista" (وزارة الداخلية وزارة إرهابية) e soprattutto un più che appropriato "No alla paura, no al terrore, il potere appartiene al popolo" (لا خوف, لا رعب, السلطة ملك الشعب).
Non faccio in tempo a pensare meno male che almeno c'è tutta questa gente indignata, che vedo qualche lancio di bottiglie di plastica e, immediata, la risposta della polizia: gente che scappa all'impazzata nella mia direzione, panico, sento gli spari e per un attimo mi invade il terrore, prima di realizzare che sono "solo" lacrimogeni. Accanto a me gente di ogni tipo, studenti, ragazzini, militanti del Fronte Popolare, donne con il velo, donne anziane. Mi giro a guardare indietro mentre corro e nella strada c'è un vuoto, persone che cadono per terra e poliziotti che danno loro addosso coi manganelli.
In breve la folla è dispersa.

Puoi leggere qui, qui e qui.

E adesso, che succede?


C'è chi è contento e chi non si accontenta

Questo titolo non solo è tutto un'allitterazione, ma tiè, ora che lo leggo è pure un endecasillabo. Dante mi fa un baffo. Ma andiamo avanti.
Ho pensato di raccontare due sguardi contrapposti sulla "rivoluzione" tunisina attraverso due personaggi che li incarnano rispettivamente, e che sono i due professori con cui ho studiato lo scorso trimestre (ottobre-novembre-dicembre). Per tutelare la loro privacy daremo loro dei nomi e cognomi fittizi, uhm, diciamo Boccia Comunista e Barbetta Religiosa, in accordo con la forma e distribuzione dei loro peli facciali e al contempo con la più eclatante delle loro caratteristiche politiche - la barbetta poi, rientra in entrambe le categorie perché è simbolo di islamismo, tant'è che sotto Ben Ali era pressochè vietata, se non volevi finire spiato e incarcerato. Però sia detto che quella di Barbetta non è una barba salafita, ma appunto una barbetta musulmana appena accennata, moderata.

Barba musulmana salafita
Barba musulmana riformista
Barba yasariyya (= di sinistra)

Per boccia, invece, in questo caso non intendo ovviamente la boccia da nazi skin, ma un taglio di capelli tipo questo.

Entrambi lavorano nella capitale, ma entrambi vengono dall'interno della Tunisia, da quei posti dove la gente non ha neanche le scarpe, e da dove non a caso è partita la rivoluzione: la regione più disastrata del paese, ignota ai tunisini stessi prima dei recenti avvenimenti, dimenticata in anni e anni di investimenti del governo esclusivamente nelle città costiere.

Boccia è di Gafsa (قفصة‎), capoluogo di un governatorato che sarebbe un cratere di nulla se non fosse che c'è uno dei giacimenti di fosfato più grandi del mondo, intorno al quale gravitano lavori e vite degli abitanti - anche perché qualsiasi attività di agricoltura e allevamento è totalmente compromessa dall'inquinamento dovuto all'estrazione. Qui è nata la rivolta del 2008, vera antesignana di quella del 2010: leggetevi
questo bellissimo articolo, e guardatevi il trailer di
questo film, "Sia maledetto il fosfato", appena uscito in Tunisia.
Barbetta, invece, è di Kasserine (القصرين), città protagonista, immediatamente dopo Sidi Bouzid, delle rivolte del dicembre 2010 che hanno portato alla caduta del regime, e teatro, in particolare, dei primi violentissimi scontri, in cui la polizia ha ucciso più di 50 cittadini. Si tratta di un altro gorgo di miseria dove, questo secondo la visione semplificata di Barbetta, i giovani si dividerebbero in due categorie, entrambe estreme, che ruotano intorno agli unici due luoghi di aggregazione presenti: i teppistelli che passano la giornata al bar, o i fanatici che passano la giornata in moschea.

Entrambi la rivoluzione l'hanno "fatta", entrambi erano nella capitale il 14 gennaio 2011, col pensiero ai loro paesi, a gridare "dégage" e a farsi picchiare dalla polizia, ed entrambi dicono che in quel momento non gli sarebbe importato di morire. E sì che Barbetta all'epoca aveva una moglie incinta! Ma lo spirito del martirio, da queste parti, funziona così...

In cosa si differenziano dunque i nostri eroi?

Boccia è giovanissimo ed è bello come il sole. Uh...Cos'ho detto? No! Non ho affatto una cotta per lui! E' stato un lapsus. Ricominciamo.
Boccia è colto, profondo, critico. Alle elezioni dell'assemblea costituente nell'ottobre 2011 ha votato comunista - vabbè del resto, come abbiamo visto, lo dice il suo cognome. Ciò non contraddice, a suo modo di vedere, il suo essere musulmano. Forse non proprio musulmano osservante - ad esempio sappiamo che non disdegna l'alcool, e non solo dalle sue citazioni entusiastiche del poeta del vino Abu Nuwas - ma comunque musulmano. Dalle sue parole: "Non mi definirei comunista, anche perché non è detto che uno debba riconoscersi in toto in una particolare dottrina; però ritengo giusti molti degli ideali marxisti, e credo che non siano inconciliabili con l'islam."
Barbetta ha dieci anni di più e tiene famiglia. Non ha la stessa profondità né la stessa apertura mentale; però è molto più socievole, caciarone, e propenso alla chiacchiera con gli studenti. Questo si traduce in un sacco di dibattiti in classe su questioni religiose e politiche, che noi fomentiamo un po' per scherzo un po' per sincero interesse, perché, essendo i nostri rispettivi punti di vista totalmente alieni l'un per l'altro, ne nasce veramente un confronto. Di solito Barbetta ci ascolta dapprima con curiosità e poi dice "D'accordo, questa è la tua opinione e la rispetto", affrettandosi a cambiare argomento: in quel momento, gli leggi nello sguardo come stia mentalmente cercando rifugio nel Corano dagli attacchi di questi piccoli miscredenti stranieri alle sue certezze. Povero! Studenti che lo hanno avuto in passato ci hanno raccontato che, invitati a proporre articoli di giornale da leggere in classe, gli hanno portato "Imam benedice nozze omosessuali". Geniale.
Alle elezioni ha votato Ennahdha (chevvelodicoaffà), partito islamista che ha vinto.

Boccia è fan del diritto di sciopero e del sindacato (الاتحاد العام التونسي للشغل Union Générale Tunisienne du Travail), che lui idealizza e che ritiene l'unica forza alternativa di opposizione, in mezzo ai due fuochi che sarebbero da una parte gli islamisti alla ribalta e dall'altra i residui corrotti del vecchio regime ancora in piedi.
Barbetta è un crumiro che a dicembre invitava a boicottare lo sciopero generale, più che altro perché si sarebbe trattato di opporsi al governo che lui sostiene.

Boccia non è per niente contento. E' disgustato dalla politica, amareggiato dal fatto che la rivoluzione non abbia portato nessun cambiamento concreto per quanto riguarda le istanze primarie che l'avevano mossa: lavoro, dignità, diritti sociali. La sua città, per esempio, è messa come prima, e lui lo sa bene.
Barbetta, invece, non si interessa di politica più di tanto - ragion per cui, essendo un bravo musulmano, si è limitato a votare un partito che diceva ai bravi musulmani: se hai fede in Dio, puoi riconoscerti in me - ma quando parla della rivoluzione, ha i luccichii negli occhi.
Che la sua città natale sia un disastro come due anni fa e che continuino a esservi fabbriche che chiudono, licenziamenti, scioperi e manifestazioni, che lui stesso, nella capitale, lavori pagato a cottimo e senza lo straccio di un contratto per un'università pubblica...tutto questo, lui, pare non vederlo, quando gli si fa notare il fallimento dell'attuale governo. Nega l'evidenza e dice che va tutto bene, che quei problemi, che lui è il primo a scontare, li inventa la propaganda dell'opposizione. Forse perché qui, nella Tunisia postrivoluzionaria in cui il dialogo tra le forze politiche è appena nato, troppo spesso ci si sceglie uno schieramento e poi lo si deve difendere a oltranza contro i nemici, anche indipendentemente dai contenuti – cosa che riscontriamo anche nell'ardore di Boccia nei confronti di un sindacato che, senza nulla togliere alla sua storia e all'importantissimo ruolo giocato durante la rivoluzione nel coordinare le lotte, al momento si è accordato col governo in barba ai lavoratori.
O forse, è perché il partito di Dio non può sbagliare. Boh.
Fatto sta che per Barbetta, quello che conta è che la rivoluzione gli ha dato la libertà di esprimere quello che è – ovvero un bigotto, ma pur sempre quello che è! Se prima non si sentiva libero di andare in moschea a pregare o di mostrare apertamente la sua religiosità, adesso può fare quello che vuole senza temere sospetti e delazioni. "Io adesso respiro a pieni polmoni, io adesso cammino a testa alta per la prima volta nella mia vita. Abbiamo sconfitto la paura! Questo senso di orgoglio e di serenità che provo adesso non l'avevo mai provato, e non può togliermelo più nessuno. Per quanto mi riguarda, tanto mi basta". Vi confesso che queste parole mi hanno commosso, e che, se si prova a guardare dal suo punto di vista, le cose stanno in effetti anche così. Perché il regime di Ben Ali, facendosi scudo del concetto del "laicismo dello stato" e facendosi bello davanti ai nostri governi con la "lotta all'integralismo", ha agitato la bandiera del pericolo islamista per mandare in carcere o in esilio la più importante forza di opposizione (appunto, quegli islamisti che ora sono tornati allo scoperto) e per mantenere uno stato di polizia. Però noi, in Europa, dicevamo che la Tunisia era uno stato laico e che il presidente era riuscito ad evitare il pericolo del terrorismo, contrariamente a quanto succedeva nella vicina Algeria. E ci piaceva. Tanto, che poi i tunisini vivessero in uno stato di partito unico, terrore, intercettazioni, spionaggio, polizia, prigione, tortura, censura a qualsiasi mezzo di comunicazione e mancanza di ogni tipo di libertà...chi lo sapeva? A chi importava? E che questo presunto laicismo fosse solo una facciata, chi lo capiva?
Per me il vero laicismo è una battaglia culturale per liberare lo Stato (che dovrebbe essere un fatto pubblico) dall'ingerenza della religione, e allo stesso tempo la religione (che dovrebbe essere un fatto privato) dall'ingerenza dello Stato. Ad esempio, nonostante la dittatura ci fosse anche lì, perlomeno sotto Bourguiba, che ha praticamente fondato la Tunisia moderna dopo l'indipendenza dalla Francia nel 1956 (e che ha lasciato la presidenza del paese solo nel 1987, quando l'allora primo ministro Ben Ali lo depose con un colpo di stato incruento, dichiarandolo incapace di governare per via della vecchiaia), la Tunisia è diventata uno dei paesi più laici e aperti, culturalmente parlando, del mondo arabo: è stata promossa l'istruzione e così i diritti delle donne, sono state aperte le prime scuole miste, si è regolamentato il divorzio civile al posto del "ripudio" della legge islamica, è stata abolita la poligamia maschile, altrimenti consentita dal diritto musulmano. Ma laicismo non è proibire il velo o le barbe; tantomeno incarcerare i membri dei partiti di ispirazione religiosa! Se vuoi uno stato laico per davvero, per me la prima cosa che devi fare è favorire l'istruzione, la cultura, la circolazione di idee, il dibattito. Ovviamente non la repressione! In fondo è successo così da noi nel '68, o no? Stando ai racconti di mamma e papà, senza quel clima di grande fermento culturale e dialogo, non ci sarebbe mai potuta essere nessuna rivoluzione sessuale e staremmo ancora come mia nonna siciliana: matrimonio e figli obiettivo principale della vita di ogni donna, vergini fino al matrimonio, il sesso solo per procreare, acqua di Lourdes nelle boccette di plastica a forma di madonnina, con la coroncina blu come tappo. E infatti la Tunisia è tipo un po' così. Perchè Ben Ali mica l'ha promossa 'sta rivoluzione culturale del laicismo. Poi vabbè, le bottigliette a forma di profeta Mohammed non le possono fare perché l'islam è iconoclasta...grazie a Dio! Però, a casa mia, il proprietario ci ha lasciato una riproduzione in plastica della moschea del profeta a Medina.
 



Il livello di trashitudine mi sembra simile, no?





Boccia è contrario al niqab.
Oh no, non sapete cos'è il niqab? Al volo: è questo e in Tunisia, prima della rivoluzione, praticamente non esisteva. Adesso si vede in giro: RARAMENTE, molto raramente, ma si vede. Paradossalmente, i primi tempi ci facevo meno caso io, che ho vissuto in Egitto, dove era all'ordine del giorno, piuttosto che i miei amici tunisini, che si danno le gomitate e si bisbigliano "Oh, hai visto quella?" se per caso passa una che lo indossa. "E' inquinamento ottico!" dice sempre la mia coinquilina (tunisina). Quindi hanno fatto venire anche a me la fissa di notare queste tipe per strada, tanto che, ormai, quando passa una col niqab mi viene da fare “tua, chiuso”!
Boccia dice, giustamente, che non è una cosa che fa parte della cultura tunisina, che i salafiti vogliono portare in auge delle strane robe del golfo o afghane che non si sono mai viste da queste parti.

 
Intervista realizzata dal ragazzo della mia coinquilina a un commerciante che vende vestiti provenienti dall'Algeria e dall'Arabia Saudita davanti alla moschea di Al-Fatah a Tunisi (che sta a due passi dalla mia scuola ed è un noto covo di salafiti).

Boccia sostiene, quindi, che questo genere di vestiti "estremisti", non solo il niqab e altri indumenti femminili, ma anche le tuniche maschili modello saudita o afghano, andrebbero vietati in quanto estranei alla tradizione tunisina. Che se proprio uno vuole indossare vestiti tradizionali, a questo punto che indossi la più autentica jubba tunisina e la chechia  “...come fa mio padre a Gafsa”.

Abiti tradizionali tunisini. La chechia è quel berretto rosso :)
"Ma allora i jeans, le t-shirt, e tutti i vestiti che indossate su modello occidentale? Dovreste vietare anche quelli?" osserva la mia compagna di classe americana, smontando in un secondo il ragionamento dell'insegnante. La verità è che c'è molta rabbia negli animi di chi, come Boccia, vede per certi versi la cultura del paese importare modelli di arretratezza anziché progredire. Ad esempio, è dura vedere rimessi in discussione diritti della donna che parevano acquisiti da decenni - cfr. la famosa definizione proposta per la costituzione, per cui la donna non sarebbe "uguale", bensì "complementare" all'uomo.
Ma proibire alla gente di vestirsi come gli pare, è giusto? Allora rifacciamo come faceva Ben Ali, un finto laicismo che proibisce le espressioni religiose?
Barbetta è anche lui contrario al niqab. Non gli piace, e dice che il vero islam non prescrive affatto una cosa così opprimente per le donne. Ma ritiene che ognuno debba essere libero di indossare quello che gli pare.
E qua mi fermo perché la discussione sarebbe lunga. Io sono d'accordo con Barbetta e penso che non sia giusto che lo Stato intervenga nella sfera delle scelte individuali. Allo stesso tempo, però, non crederò mai che una donna "scelga liberamente" di indossare una cosa come quella, che è palesemente uno strumento di tortura inventato dai maschi – come lo sono i tacchi a spillo, la taglia 42 e il perizoma.

Boccia, quando durante il corso affrontiamo l'argomento del "dialogo tra le religioni" e troviamo tra i brani in programma che "tutte le religioni hanno principi condivisi come la tolleranza, la pace e l'amore", interviene a puntualizzare che, in realtà, questi non sono principi prettamente religiosi, ma piuttosto principi umani. Io, beh lo sapete, mi sarei spinta ancora più in là e avrei detto che le religioni in realtà fomentano da sempre l'intolleranza, l'odio e la guerra, ma capisco che era chiedere troppo, quindi ho comunque apprezzato la precisazione del prof.
Barbetta, quando affrontiamo con lui lo stesso argomento, viene paralizzato da un'osservazione di un mio collega americano: "Parliamo di dialogo, ma a questo dialogo di solito ci invitiamo solo le tre religioni abramitiche, a volte per puzza ci infiliamo magari induismo e buddismo (giusto perché abbiamo un coreano in classe, n. d. Luce) , e comunque mai l'ateismo. Questi principi comuni di pace e tolleranza non è che gli atei non ce li abbiano...". Barbetta ci riflette su. Alla lezione successiva, nel riassumere il brano letto, quando arriva al punto dei famosi principi comuni, aggiunge "...come ci ha fatto notare l'altra volta C., questi principi li condividono tutti, i cristiani, i musulmani, gli ebrei, i buddisti etc. etc. ...e perfino gli atei". Io rido e gli chiedo: "Perfino, eh?". Lui si rende conto, arrossisce, e mi risponde timidamente: "Questo è l'inizio, Luce...questo è l'inizio".

Ed è proprio vero, questo è solo l'inizio di un percorso di apertura, di confronto con le differenze e di dialogo, che è iniziato in Tunisia e di cui le nostre classi sono solo un piccolo esempio, coi professori che non vedono l'ora di discutere di attualità a lezione; che ci fanno ascoltare le notizie alla radio come esercizio di comprensione orale e non perdono occasione di commentarle con noi; che propongono in classe il dibattito su quegli stessi concetti, prima tabù, che ora i tunisini discutono non solo in assemblea costituzionale, ma soprattutto nelle scuole, sui giornali, in tv, a casa, nelle strade e nei caffé: la democrazia, i diritti umani, l'indipendenza della magistratura, la giustizia di transizione, la trasparenza del governo, il laicismo...
Per questo, nonostante Boccia abbia ragione su tutta la linea quando dice sconsolato che la rivoluzione non ha cambiato nei fatti il paese, e che non solo sono tutti più poveri e disoccupati di prima, ma devono pure fare i conti coi barbuti...nonostante tutto questo, personalmente sono convinta che i tunisini abbiano conquistato un punto di partenza promettente per il cambiamento, e cioé il diritto a opporsi; penso che la libertà di parola recentemente acquisita non sia affatto cosa da nulla, e che i barbuti abbiano diritto a questa libertà di parola anche loro; e che se i barbuti non piacciono, allora bisogna veicolare idee diverse e alternative, sempre col dialogo, con le armi della cultura (visto che già ci pensano alcuni barbuti a essere violenti per davvero) e con tanta, tanta pazienza, perché la rivoluzione, quella culturale, non si fa in un giorno.
L'importante è non accontentarsi.


"La rivoluzione continua"