I primi di ottobre, dopo solo una
settimana dal mio arrivo a Tunisi, è successa una cosa che mi ha
fatto toccare con mano cos'è che è cambiato dopo la "rivoluzione"
– però facciamo che "rivoluzione" lo dico sempre tra
virgolette, seguendo il sentire dei miei amici di qui.
Io studio all'Institut Bourguiba des
Langues Vivantes, che fa parte dell'università El Manar,
un'università pubblica tunisina. E' un istituto molto famoso
all'estero, punto d'eccellenza dell'insegnamento dell'arabo, fiore
all'occhiello dell'istruzione in Tunisia, faro di sapere blablabla.
Ma questa retorica sempre presente
sulle lingue delle autorità, pur basata in parte sulla realtà dei
fatti - quanto a qualità delle lezioni, è veramente un'ottima
scuola! - nasconde degli ingranaggi di ingiustizia, e questa che vado
a raccontare è una storia di rivolta.
Inizialmente, galeotti furono i
libri: a corsi iniziati da due giorni, dei suddetti neanche
l'ombra. E sì che si tratta di libri di testo scritti dagli stessi
docenti dei corsi, abbinati a vari cd, tutto non solo molto curato ed
efficace, ma anche indispensabile allo svolgimento delle lezioni. E
tutto come al solito, cioè: è da anni che ai corsi del Bourguiba si
insegna su quei libri, e si sa che ogni trimestre ne servirà una
certa quantità. Perché mai non sono ancora pronti? E pare che lo
stesso problema si sia già presentato l'estate appena passata! I
prof, sconsolati, fanno le prime lezioni a braccio senza poter
effettuare gli ascolti, la comprensione dei testi in programma, gli
esercizi, eccetera. Si scusano con noi anche se la colpa non è loro,
ci dicono che hanno già sollecitato la direzione, responsabile della
stampa, senza risultati. "Perché non provate a chiedere voi
quando saranno pronti?" - ci fanno capire più o meno
indirettamente che una pressione da parte nostra potrebbe essere
risolutiva. In fondo è un problema che tocca anche e soprattutto
noi, studenti paganti. Andiamo a chiedere in direzione durante la
pausa, ci dicono "domani". Non solo: pare che a causa di
alcuni problemi di stampa, i libri saranno fotocopie in bianco e
nero; per risarcirci di questo inconveniente ci è stato già fatto
uno sconto di 50 dinari sull'iscrizione (allora ecco perché ci
avevano fatto pagare di meno! Ma perché non ci avevano spiegato
nulla?). I professori insorgono. Fotocopie in bianco e nero? Ma è
assolutamente anti-didattico! In una scuola dove per metodo non si
traduce mai, bensì si spiega tutto in arabo, le figure, specie ai
primi livelli, sono fondamentali, e potete immginare come imparare il
nome dell'arancia o della mela, che in fotocopia appaiono uguali, sia
problematico. Per non parlare degli esercizi tipo "Cosa indossa
Mohammed?" "Una maglietta rossa"!
Il prof, in classe, ci propone di
scrivere accanto ai nostri nomi, sul foglio dell'appello giornaliero
che andrà in direzione, la frase "in attesa dei libri a
colori". ("Questo prof è un figo", penso io, ed è
l'inizio della mia cotta adolescenziale, ma questa è tutta un'altra
storia).
A questo punto parte lo sciopero. I
prof si rifiutano di fare lezione, pur scusandosi con noi studenti e
dicendosi pronti a recuperare le ore perdute: "Lavoreremo di
pomeriggio, di sabato, quando volete, non esiste che veniate da così
lontano e perdiate per colpa nostra anche solo un'ora di lezione".
Come non amarli? Cerchiamo di star loro vicini, si formano capannelli
di studenti e docenti sui vari pianerottoli, noi studenti scriviamo
una lettera al direttore che recita più o meno "Veniamo fin qui
da tutto il mondo e paghiamo moneta sonante, ergo vogliamo tutti gi
strumenti necessari ai nostri studi". La direzione chiude la
porta in faccia a tutti noi.
I nostri amici coreani di fronte al ministero dell'istruzione tunisino |
Comunque! Vi starete chiedendo come mai
tutto questo casino per dei semplici libri. Diciamo che avevamo
facilmente intuito che fosse solo la punta dell'iceberg, e che ci
fossero tanti motivi di malcontento nei confronti della direzione,
per non dire dei piani più alti dell'amministrazione: come gli
studenti constatano da anni, il Bourguiba non ha mai brillato per
efficiente organizzazione, e problemi tra i più vari sono sempre
stati all'ordine del giorno. Qualche esempio: le condizioni degli
alloggi (foyer) per gli studenti che ne fanno richiesta sono
allucinanti; inoltre gli uffici dei suddetti non comunicano con
l'ufficio dell'istituto, dando luogo a incomprensioni pazzesche su
cui non mi dilungo (cose che ho sperimentato nel 2010 e che mi hanno
dissuaso dal ripetere l'esperienza!); le informazioni sui corsi non
sono mai troppo chiare e non vengono date con anticipo, nonostante ci
sia gente che venga apposta, per dire, dalla Corea per fare questa
scuola; il sito web è un disastro e non solo non pubblica le
informazioni fondamentali, ma funziona solo in francese, mentre le
versioni in inglese e in arabo (!) non funzionano da anni - ancora,
pensate a un povero coreano dall'altra parte del pianeta, che in
francese non sa dire manco 'oui'; il fantomatico sistema di
preiscrizione online è una buffonata perché si inceppa ogni due
tre, quindi pensate sempre al nostro amico coreano che viene apposta
dall'altra parte del globo in Tunisia, per scoprire che il suo corso
non partirà per mancanza di iscritti: ma far iscrivere la gente
online per rendersi conto del numero di studenti, e poi mandare
un'e-mail in Corea per avvisare che il tale livello non parte, no?
E così via.
MA. Ma. Non avevamo idea di quale fosse
il problema più serio. Cosa spinge questi docenti ad andare a
protestare dritti ai piani più alti del sistema pubblico?
Ed è stato solo lì, nella stanza del
consigliere del ministro, e poi nella stanza del ministro, che si è
svelato tutto. Nelle suddette stanze sono stata indebitamente
introdotta anche io. Lo so, lo so, pazzesco. Il fatto è che
servivano un paio di persone che rappresentassero gli studenti, per
cui la scelta è caduta su una tipa belga molto agguerrita, che non
parla ancora una parola di arabo (ma essendo belga parla francese, il
che in Tunisia fa lo stesso), e soprattutto è una piccola
sobillatrice di folle; dopodiché mi hanno preso di peso e mi hanno
detto: "Tu! Devi parlare tu! Perché tra i presenti sei quella
iscritta al livello più alto di arabo!".
La mia faccia convinta (?) e l'ottima maglietta che per caso sfoggiavo |
In ogni caso io mi sono limitata a dire
che l'istituto è molto famoso nel mondo, che ci veniamo perché
sappiamo che la qualità delle lezioni è eccellente, e che per
questo merita di più (ho dimenticato di chiamare il ministro "signor
ministro", come facevano gli altri, ma queste formalità sono
qualcosa che ho difficoltà a imparare...in tutte le lingue, ehm). A
titolo informativo, il ministro è di Ennahdha (il partito islamista
che ha la schiacciante maggioranza nell'attuale governo) e prima
della "rivoluzione", quando il suo partito era fuorilegge,
è stato in carcere 17 anni. Attualmente c'è un'inchiesta
giornalistica sulla corruzione all'interno del suo ministero.
I prof, nel palazzo del potere, aprono
le loro cartelline e, dati alla mano, fanno notare quanti soldi
entrino direttamente nelle casse dell'istituto, specie grazie ai
corsi estivi ai quali affluiscono stranieri da tutto il mondo per
imparare l'arabo, a prezzi maggiorati (d'inverno 250 ore di arabo
costano 800 dinari, d'estate 100 ore 600 dinari!). Che fine fanno
tutti questi soldi? Perché i servizi che la scuola offre, come
abbiamo visto, sono davvero scrausi. Manco due libri a colori, nella
migliore scuola di arabo del mondo. Vanno forse, questi soldi, a
questi bravissimi professori? Perché se è così non ci sarebbe
nulla da ridire...
E invece lì si scopre tutto: su una
ventina di professori, solo due hanno il posto fisso; gli altri sono
tutti 'vacataires', precari, che lavorano senza alcun tipo
di contratto, neanche a tempo determinato. La cosa funziona così:
all'inizio di ogni trimestre viene loro detto se insegneranno e a
quale classe insegneranno. Lo stipendio arriva loro a trimestre
concluso, senza contare i ritardi. Dopodiché di nuovo l'angoscia di
sapere se lavoreranno il trimestre successivo. Ovviamente non hanno
alcuna garanzia, non hanno ferie pagate, infortuni, pensione, volendo
possono essere licenziati in ogni momento. Alcuni di loro lavorano
così da più di 10 anni, senza mai essere stati regolarizzati.
L'iscrizione al sindacato che dovrebbe tutelare i loro diritti è
riservata solo a chi ha il contratto regolare.
E sono tipo i migliori prof di arabo
del mondo! E lavorano per lo Stato! Cioè: lavorano in nero per
lo Stato! L'eccellenza, il fiore all'occhiello del sistema di
istruzione tunisino, il faro di sapere blablabla!
A quel punto è stato chiaro quale
fosse il vero problema.
Consigliere e ministro si dicono
sbalorditi, ufficialmente non sapevano niente; telefonano al rettore
dell'università El Manar per fissare un incontro.
Il giorno dopo, il magnifico rettore
in persona viene all'istituto Bourguiba, e le lezioni sono ancora
sospese per permettere un'assemblea nell'aula magna con tutti
presenti: docenti, studenti, magnifico rettore e direttore
dell'istituto. Sempre a titolo informativo, il rettore è ex-RCD
(partito di Ben Ali, il dittatore cacciato nel 2011). Il succo dei
discorsi delle autorità è che dobbiamo essere comprensivi, perché
la situazione attuale della Tunisia, in generale, non è quella
normale, ma difficile, transitoria e instabile. Ma se questa storia
dei contratti dei docenti va avanti da dieci anni!
Per di più siamo accusati tutti di non
avere rispetto per le gerarchie, visto che siamo corsi direttamente
al ministero senza passare per i gradi intermedi (tipo il rettore,
naturalmente). Ma è vero pure che la direzione non si è mostrata
affatto disponibile al dialogo...
Dopodiché l'assemblea viene ristretta
ai soli docenti.
I risultati: niente di tangibile. Ma le
facce dei miei prof sono raggianti. Per loro è importante aver fatto
sentire la loro voce. Avrebbero potuto fare una cosa del genere prima
della "rivoluzione"? "Macché, due anni fa saremmo
andati dritti dritti in galera!" "Come abbiamo cambiato
questo paese, così possiamo cambiare questa scuola". Ammori,
stelle, che tenerezza. Non ho cuore di dire loro che in Italia,
nonostante tutte le proteste, tra poco l'università pubblica starà
messa più o meno allo stesso modo...Altre facce sono più scure, i
docenti temono punizioni, licenziamenti, specie ai danni dei due che
hanno il posto.
Comunque, le lezioni riprendono, le ore
vengono recuperate, dell'argomento non si parla più per qualche
tempo. Nel frattempo imparo a conoscere i miei due prof, e scopro,
tra le altre cose, che uno dei due insegna anche in un'altra scuola
per riuscire a mantenersi; l'altro, invece, è sposato e ha un bimbo
di un anno e mezzo: i tre, col lavoro di lui al Bourguiba e col
lavoro di lei come commessa in un negozio di abbigliamento, pagano
l'affitto per il rotto della cuffia.
Verso novembre, i docenti vengono a
lezione per qualche giorno con delle fascette rosse al braccio, come
modo silenzioso per ricordare le loro rivendicazioni.
Poi, a dicembre, di nuovo: una giornata
di sciopero; una nuova gita al ministero; una conferenza a Hammamet
il 18 dicembre, con giuristi e sindacalisti, per presentare i
problemi degli insegnanti.
Noi studenti abbiamo scritto una
lettera di solidarietà, che pare abbia impensierito il direttore,
specie laddove dicevamo che avremmo diffuso informazioni sulla
situazione presso i nostri colleghi nei nostri paesi. In fin dei
conti siamo noi che portiamo fama e soldi all'istituto.
E ora, a quanto pare, si aspetta.
Questo di cui sono testimone è un
piccolo tassello del quadro disperante del lavoro in Tunisia.
Non per niente la scintilla della "rivoluzione" di due anni
fa era legata a questo: al lavoro - anche se poi il fuoco si è
propagato in seguito all'assurda risposta, violenta e criminale, del
governo nei confronti delle manifestazioni, e alla giusta
indignazione dei cittadini. Non per niente poche settimane fa, nella provincia di Siliana, i lavoratori hanno chiesto le dimissioni del governatore e la polizia ha risposto sparando sulla folla pallottole per uccelli (per la pressione del sindacato, poi, quel governatore ha
dovuto
dimettersi!).
Non per niente tutte le categorie del lavoro in Tunisia, adesso che
si può fare, scioperano ogni due tre. Non per niente il sindacato
(Unione Generale Tunisina del Lavoro) aveva proclamato un temutissimo
sciopero generale per il 13 dicembre: il terzo sciopero generale
nella storia della Tunisia indipendente, che secondo alcuni avrebbe
fatto cadere il governo, ma che poi è stato revocato all'ultimo
minuto.
E, nel suo piccolo, questa lotta degli insegnanti assume dimensioni epiche, almeno vista da qui. Ecco, tra tante cose che non
sono affatto cambiate rispetto a due anni fa, e altre che sono
peggiorate, questa per contro è una cosa davvero bella: poter
esprimere, finalmente, dissenso.
Anche se sono sempre più convinta che sia come dice Ascanio Celestini: la differenza tra una dittatura e una democrazia è che in una
dittatura non puoi parlare, perché anche i muri hanno orecchie; in una democrazia, invece, puoi dire
quello che vuoi ...tanto nun te sente nessuno.
Ciao Luce,
RispondiEliminami chiamo Stefania e sono una studentessa di arabo. Leggo dal tuo articolo che ti trovi a Tunisi io dovrei venirci a fine mese per seguire i corsi dell'ultimo trimestre all'Istituto Bourguiba, magari possiamo sentirci che vorrei chiederti qualche informazione? il mio profilo fb è stefania rodolfi e come foto profilo c'è la mia foto da bambina.
Ti ringrazio molto!
Ste
Ciao! Perdonami, ti giuro ho letto solo adesso...
EliminaComunque non ho facebook!
Se ti serve ancora, scrivimi qui: lucelacq@yahoo.com
Mi spiace!
Ciao ho provato a mandarti una mail..Volevo delle info sulla scuola!Purtroppo mi dice ceh la mail non funziona:( fammi sapere grazie
RispondiEliminaps sono arianna piacere
RispondiEliminaCiao, non so che dirti, riprova, l'e-mail è proprio quella (lucelacq@yahoo.com) e non mi dà problemi di solito...
RispondiEliminaok dovreei esserci riuscita!Check your inbox!;)
RispondiEliminaA quanto pare no :( sorry
EliminaLa mia e-mail è:
RispondiEliminalucelacq@yahoo.it
(uno stupido avviso di Yahoo mi diceva che sarebbe cambiata in .com ma così non è stato)
:(